Periodo Aragonese

Dopo che il regno cadde in preda alle guerre civili, dovute alle divisioni della famiglia angioina in diversi rami rivali, impegnate nelle lotte di successione, gli Aragonesi conquistarono l'intera Italia meridionale nel 1442 con il re Alfonso I d'Aragona. Il nuovo sovrano, detto il Magnanimo, per i suoi metodi tolleranti e accorti, si rese subito conto che non poteva contrapporsi allo strapotere baronale, particolarmente forte in Calabria e quindi preferì adottare una politica di compromesso. Nominò vicerè di Calabria Antonio Centelles, ce gli aveva reso particolari servigi, ma che più che al governo era fedele a se stesso. Lo dimostrò allorquando Alfonso incaricò di concludere il matrimonio tra Innico de Avalos, nobile castigliano che per sua fede aragonese aveva perso tutti i beni in patria e la bella Enrichetta Ruffo, ultima erede dei ricchi feudi dei conti di Catanzaro. Il matrimonio riuscì a concluderlo, ma fu lui che, secondo il costume del tempo, prese possesso sia di Enrichetta sia delle sue terre.

Nel 1458, dopo che la sua corte era diventata splendida come quella del Magnifico a Firenze, Alfonso I morì. Nel Mezzogiorno continentale gli successe Ferrante, che però era un figlio illegittimo. Questa circostanza diede l'ennesima opportunità ai baroni di contestare il potere del re, seguendo con ciò un collaudato copione. Ancora una volta Centelles si distinse nell'ordire congiure contro gli Aragonesi. In questo fu favorito da un diffuso malcontento popolare, causato soprattutto da una forte pressione fiscale. L'intera regione, nel 1459 prese fuoco, coinvolgendo feudatari riottosi, plebi inferocite e comunità deluse. Si trovarono insieme per la prima volta, ma con bisogni tanto diversi, i principi di Rossano ed i villani di Zagarise, i conti di Catanzaro ed i contadini dei casali cosentini. E i primi strumentalizzarono i secondi. Impressionato dalla vastità delle sollevazioni, Ferrante mandò in Calabria le truppe regie, sotto il comando di Alfonso de Avalos, ma la bufera non si placò. Scese egli stesso in quelle riottose province, ma la tempesta non diminuì. Inviò, allora, Maso Barrese che con inaudita ferocia stroncò la rivolta, a furia di massacri, tra i quali quelli di Acri e della Roccelletta. Nel frattempo, si era inserito il tentativo di Giovanni d'Angiò di riconquistare il regno, che naufragò con la sconfitta di Troia nel 1462.

Ci fu poi un ventennio di relativa tranquillità, fino al 1485 quando scoppiò, sostenuta anche da Innocenzo VIII, la congiura dei baroni napoletani, che Ferrante risolse con uno stratagemma. Invitò nel 1486 tutti i contestatori al Maschio Angioino e li fece arrestare in quella che ancora oggi è indicata come Sala dei baroni. Tra questi c'erano il principe di Bisignano ed il conte di Mileto, entrambi della famiglia Sanseverino. Domata la congiura, gli Aragonesi frantumarono i grandi feudi, assegnarono le terre a dignitari fedeli, spodestarono chi aveva tradito, crearono e confermarono città demaniali tanto che il loro numero per la prima volta superò quello dei feudi. Ricostituirono i demani ed in primo luogo quello silano per frenare le cause delle rivolte contadini dei casali. Si registrò una timida rinascita economica, con un accresciuto traffico nei porti e con una ripresa dell'artigianato.

Ma la vitalità economica e civile durò solo qualche anno, sebbene fosse stata promulgata nel 1483 la Prammatica del Re Ferrante d'Aragona, che Croce definì la Magna Charta della società meridionale del Rinascimento. Nel 1494 morì Ferrante e gli successe il figlio Alfonso II, e nello stesso anno il re di Francia Carlo VIII entrò in guerra per riconquistare il Mezzogiorno. A soccorso degli Aragonesi si schierò la Spagna e il Sud diventò un immenso teatro di guerra. Nacque proprio allora l'affermazione, insieme rassegnata e disincantata: "Franza o Spagna, basta che se magna". Dopo alterne vicende, con la battaglia di Seminara del 1503 gli spagnoli, guidati da Ferdinando de Andrada, conquistarono la Calabria e tutto il Regno di Napoli. Vi restarono per oltre due secoli.

Il dominio aragonese fu quindi caratterizzato da numerose lotte dinastiche tra i baroni aragonesi e angioini, che ebbero come risultato l'accrescimento della distanza tra lo stesso stato e i calabresi. Fu probabilmente da questa situazione che ebbe inizio la problematica "Questione Meridionale" con le numerose rivolte dei contadini e le repentine repressioni dei baroni. Sotto il governo spagnolo, infatti, a causa del crescente strapotere dei baroni locali, la situazione economica e politica andarono peggiorando e aumentò perciò il malcontento del popolo. Di qui, perciò le numerose rivolte fra cui soprattutto famose quella guidata da Antonio Centiglia (1458-1459) e ferocemente repressa da Ferdinando I d'Aragona e quelle, posteriori, di Tommaso Campanella e di Masaniello (1647).