l’intervento
PRIMO MAGGIO NEL RICORDO DI ALDO
Un sole quasi estivo è stata la cornice climatica del primo maggio. Ma i cuori degli zambronesi non si sono scaldati. Troppo grave la perdita subita lo scorso otto febbraio, allorquando, Aldo Ferraro, lavoratore di appena trentadue anni è deceduto a causa di un tragico incidente sul lavoro. Sono tante, troppe, le cosiddette “morti bianche”, specie in Calabria. Ed Aldo, in ordine temporale, è l’ultima vittima (di un elenco sempre più numeroso) della popolazione zambronese. E così, la desolazione ha preso il sopravvento e la tristezza è stato il sentimento predominante. Aldo era apprezzato nel paese e nel circondario per le sue virtù umane ma anche per la serietà e la dedizione con cui svolgeva il suo lavoro (esperto nel settore idraulico). Generoso e solerte, nell’esecuzione delle sue mansioni ci metteva l’anima. La superficialità era bandita dal suo agire. Di fronte alle piccole e grandi difficoltà lavorative quotidiane, non si scoraggiava. Non era solito pronunciare quella terribile frase, emblema di una “calabresità” marginale ed estranea ai lavoratori onesti: «Mo vidimu». Piuttosto si adoperava con energia e arguzia per rimuovere ostacoli e disagi. Col sorriso sulle labbra, era invece solito chiudere i suoi “miracolistici” interventi con un’altra espressione: «Tutto fatto!». E allora lo sfortunato lavoratore zambronese diventa il simbolo di una Calabria operosa che affronta le molteplici difficoltà del lavoro con uno spirito professionale encomiabile. Aldo si alzava alle cinque ogni mattina, per recarsi da Zambrone a Reggio Calabria, dove era impegnato nei lavori di completamento della diga del Menta. Attraversava, quindi, quella Rosarno interessata alla manifestazione nazionale dell’altro ieri, tutti i giorni. Mai avrebbe pensato che il giorno del primo maggio, tanti suoi amici lo avrebbe ricordato nel segreto e nell’intimo dei loro pensieri. E nemmeno che a Rosarno, l’uno maggio, si celebrasse anche la sua memoria. In una realtà che si trova a metà strada tra il luogo in cui lavorava e quello in cui viveva. Una sorta di metafora della sua stessa vita che ruotava proprio intorno a questi due poli: lavoro e famiglia. Un tempo, quando c’erano i partiti, il primo maggio era una ricorrenza che anche a Zambrone veniva omaggiata con qualche iniziativa di natura politica. Poi, col mutare dei tempi, la festività più importante dei lavoratori, è diventata occasione di riposo e di svago. Eppure, oggi più che mai, servirebbe una riflessione sul lavoro e sulle sue problematiche. Anche una realtà sviluppata (rispetto a molte altre aree della Calabria) come Zambrone presenta, infatti, drammi antichi che puntualmente si rinnovano, all’improvviso, quasi a ricordare che il cammino per l’emancipazione dei lavoratori non è ancora terminato. “Morti bianche”, emigrazione e disoccupazione sono, tuttora, le piaghe più dolorose della comunità. Il lavoro che non c’è; il lavoro che non è valorizzato; il lavoro come prima fonte di sviluppo; il lavoro come risorsa reale anziché miraggio, erano temi di cui Aldo aveva contezza concreta e diretta. Su queste problematiche, manteneva una particolare attenzione, lontano mille miglia da retorici sociologismi e astratte analisi. Era un ottimo conoscitore delle dinamiche lavorative del luogo e in merito elaborava, nelle discussioni correnti, le sue riflessioni. Considerazioni sagge si alternavano a battute condite da una buona dose d’ironia. Quasi a volere ricordare che il lavoro è una componente importante della vita, ma che alla fin fine, bisogna lavorare per vivere e non il contrario. Una lezione che, insieme al suo gioioso sorriso, i lavoratori di Zambrone non dimenticheranno, specie il primo maggio.
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 3 maggio 2010, p. 21