la prima repubblica
CRAXI, DESTINO DI UN UOMO
Destino di un uomo. Da vivo subì odio. Implacabile. Ricevette anche amore. Accettò l’uno e l’altro senza farsi illusioni sulla durata di quest’ultimo. Men che meno si aspettava gratitudine. E infatti non l’ha avuta. Conosceva l’animo umano. Sapeva di vivere e di agire in un Paese vecchio, sclerotico, avvinghiato a schemi obsoleti che non avevano alcun interesse a sconvolgere né il Pci, che anzi pensava di consolidarli realizzando il compromesso storico né la Dc la cui unica politica era quella della conservazione del potere comunque e con chiunque. L’esatto contrario di quel che intendeva: far vivere alla nazione una fase di modernizzazione istituzionale salvaguardandone e rafforzandone le radici di cui intuiva il progressivo infradiciarsi. Un altro sistema formativo, un altro sistema sanitario, un altro sistema di mercato, un altro sistema elettorale. Un sogno garibaldino, insomma da mutare in realtà laddove la realtà era condizionata da poteri più forti di lui, costretto ad avvalersi di uno strumento, il Psi, troppo piccolo e troppo inadeguato alla grandezza del sogno, per la protervia di alcuni certo ma anche per l’insistenza sua a dare più peso al sogno che alla realtà. Che pure era sotto gli occhi di tutti: le vignette con gli stivaloni alla Mussolini, la trippa battezzata col suo nome alle feste dell’Unità, il gesuitismo finto progressista della sinistra democristiana, il nicodemismo degli intellettuali, la miseria di compagni più portati a misurare la capacità delle proprie tasche che quella della cassa del Partito, la Fiat e i capobastone dell’economia, delle Partecipazioni statali e della finanza e, infine, l’antipatia degli Usa, nonostante il consenso all’installazione degli euromissili. Tutti contro. Contro di lui. Contro un disegno modernizzatore e contro un’idea d’Italia che destabilizzava gli assetti fissati dopo il 1948 e rendeva incerto il futuro di uomini e partiti, che dentro quel sistema continuavano (e continuano) a prosperare. I successi nella politica economica, in quella internazionale, l’Italia nel G7 (si chiamava così prima che venisse ammessa anche la Russia), il nuovo patto con il Vaticano, il prestigio nell’Internazionale Socialista. A che sono serviti? Rimaneva il “cinghialone”, un pericolo per la democrazia, un venditore di fumo, un decisionista alla Mussolini, un arrogante padre padrone che sviliva le istituzioni democratiche del nostro “grande Paese” insomma uno da togliere dai piedi prima che combinasse altri guai. Il motivo c’era, era buono, era popolare, riscuoteva il consenso delle masse. Socialisti ladri. Sui giornali. Alla Tv. Alla radio. Nei bar. Per strada. Sugli autobus. E guai a farsi vedere con l’Avanti! in tasca. Beppe Grillo. Era l’Italia democratica e civile che scagliava monetine e stava con i il pool. Erano gli amichetti di Veltroni e di Fini davanti all’hotel Raphael. Qualcuno crede che tutto ciò possa essere dimenticato? Che ci potrà mai essere la riconciliazione nazionale? Che la stragrande maggioranza degli elettori socialisti possa ritrovarsi nel Pd? Gli elettori socialisti, diceva il buon don Gianni Baget Bozzo non sono fessi ed hanno a cuore la libertà. Di tutti. O credere che la finta unione tra gli unti del signore, post comunisti e post democristiani di sinistra ubbidisca davvero ad un’esigenza destinata ad un grande disegno politico? Ed ora da morto si levano le preghiere in memoria. Riposi in pace il defunto. Dopo tutto qualcosa di buono l’ha fatta e la sua figura (termine quasi sempre accompagnato dall’aggettivo controversa) deve essere inquadrata nel suo complesso e non solo per le implicazioni giudiziarie. Parole sante. Parole di Giorgio Napolitano. Dette con dieci anni e più di ritardo. Ma, come dice il proverbio, meglio tardi che mai. Strano paese l’Italia, vi sono nati Togliatti e Turati, Gramsci e don Sturzo, Calamandrei e Di Pietro. In America sono nati George Washington e Thomas Jefferson, George Bush e Barack Obama. Qualcuno nota grandi differenze nella loro azione pubblica? E qui? Dopo il silenzio e l’indifferenza, la resipiscenza dei pochi che gli giravano intorno. E lui che capiva il Paese non capiva proprio quelli che gli stavano intorno. Ma si sa, in Italia spuntano sempre pentiti. Non solo quelli di mafia. Ci stavano i pentiti , rinnegati che negavano anche di averlo conosciuto e di averne tratto vantaggi, cominciano a fare capolino i pentiti di essersi pentiti. Ma dove va la storia? E soprattutto chi la scriverà? Chi è il vincitore? Ai posteri l’ardua sentenza, direbbe Manzoni. Quel che si sa è che anche Stalin era considerato un “vincitore” e anche Hitler godette di questa fama per un po’. Poi emerse che erano dei perdenti di fronte ai loro popoli, di fronte alla storia. Eppure la scrivevano loro la storia. Ma ora non la legge più nessuno. Vuoi vedere che neppure la cronaca, specialmente quella dei primi anni 90, finirà nel dimenticatoio? Ah… il vivo e il morto di cui parliamo si chiamava Bettino Craxi. E’ sepolto ad Hammamet, Tunisia. La gente va a visitarne la tomba. Sono tanti. Più di quelli che vanno a visitare la tomba di Togliatti.
Salvatore L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 26/1/2010, p. 34