PASQUALE MAZZITELLI, IL PROFILO DEL SINDACO SOCIALISTA
Pasquale Mazzitelli fu sindaco della sua comunità per ben diciannove anni, dal 1980 al 1999, con vittorie nette e, a volte, plebiscitarie. E in questo lungo arco temporale, innumerevoli furono le sue opere. Fra le tantissime, meritano di essere rimarcate la “scoperta” delle grotte, nel senso che il sito rupestre venne da lui tutelato, valorizzato e posto all’attenzione della politica regionale e di un pubblico internazionale. E poi il sistema viario che conobbe uno sviluppo senza precedenti e ciò rappresentò il presupposto per la crescita urbanistica, civile e quindi economica.
Coraggioso ma mai arrogante, popolare ma mai populista, appassionato ma mai scomposto, interpretò al meglio la vecchia Zungri, ricca di umiltà e di valori, visse il presente con intensità e proiettò il paese verso il futuro. Interpretò al meglio la leggiadria degli anni Ottanta che si manifestava tale solo nelle forme. In realtà, quel periodo fu foriero di importanti realizzazioni e di modernità. Seppe poi vivere i cambiamenti degli anni Novanta, senza rinunciare al suo piglio decisionista e acuto.
Il suo impegno pubblico merita di essere ricordato anche per la sua lunghissima militanza nelle fila del glorioso Partito socialista italiano. S’iscrisse a tale formazione sin da giovane e vi rimase per l’intera durata del suo impegno politico. Dirigente attento, seppe fare tesoro dei bisogni della sua gente per arricchire il dibattito sulle ragioni del Sud e sul ruolo della politica e delle istituzioni, per venire incontro alle inderogabili istanze delle comunità sofferenti. I continui viaggi a Catanzaro, qualche volta a Roma, non erano rivolti a soddisfare esigenze di natura elettoralistica. Ma erano invece indirizzati a costruire una nuova prospettiva d’avvenire. Il suo socialismo aveva un’ispirazione deamicisiana, perché credeva fermamente nella possibilità di ridurre le differenze sociali gradualmente, con un impegno pubblico mirato. E da vero socialista d’altri tempi si relazionava costantemente con i suoi concittadini. Sapeva dialogare con franchezza ascoltando attentamente le parole della gente e leggendo in profondità quelle scolpite nel cuore. Era gioviale, spontaneo, diretto, umile. Ma la sua azione fu anche ispirata da un moderno riformismo, perfettamente calato nei tempi dell’attualità. Sapeva mantenere solidi legami sia con la base, come si diceva un tempo, che coi vertici del partito, creando una giusta tensione fra eletti ed elettori, tesserati e dirigenza.
Fra i suoi riferimenti, il presidente Sandro Pertini di cui ammirava la vicenda personale e politica, all’insegna di una grande tensione morale e ideale. Mattia Preti, come simbolo di una Calabria che sa dipingere quadri belli sia in senso letterale che metaforico. E Giuseppe Garibaldi, eroe dei due mondi e convinto fautore dell’unità d’Italia.
Nelle varie occasioni pubbliche, portava nel taschino dei suoi eleganti vestiti il garofano rosso. Segno esteriore della sua appartenenza, ma anche un modo di pensare ben delineato e fermo nel tempo, a dispetto di realtà troppo mutevoli e cangianti.
Nei suoi quadri, le sfumature cromatiche e i paesaggi s’ispiravano alla sua amata Zungri e alle bellezze della Calabria che con la scomparsa di Pasqualino (gli amici lo chiamavo così) perde un elemento di spicco della sua storia.
Corrado L’Andolina