NEL RICORDO DI BETTINO CRAXI
Fra i ricordi più importanti che mio padre, socialista per tutta la vita, custodiva con amorevolezza, vi era un telegramma a firma di Bettino Craxi che chiedeva di essere informato, in tempo reale, dei risultati elettorali relativi alle elezioni amministrative del 1988. La circostanza mi rimanda a un episodio di tanti anni fa. Ad una ragazza di quindici anni che aveva il papà sindaco e che respirava tutti i giorni aria socialista, venne spontaneo esprimere un desiderio. Correva l’anno 1984 e Bettino Craxi visitava la Calabria in occasione di una campagna elettorale. L’adolescente chiese con dolcezza, decisione e una punta d’impertinenza di volere partecipare all’evento.
Bettino Craxi, insomma, era patrimonio affettivo di tutta la famiglia socialista, indipendentemente dall’età o dalla condizione sociale. A molti ragazzi piaceva il suo carisma, il piglio decisionista e l’irriverenza nei confronti delle stantie liturgie della paludosa politica italiana. I giovani amavano la sua energia e la capacità di parlare con concretezza del futuro. I socialisti più maturi che avevano conosciuto una stagione difficile, il rischio dell’estinzione e un progressivo affievolimento dell’azione riformista, vedevano in lui il leader capace di ridare senso, orizzonte e contenuti al Psi. Le sue opere e i risultati della sua azione governativa sono ben noti ed è impossibile riassumerli in un corsivo. Di certo, l’abbattimento dell’inflazione, l’affermazione della sovranità nazionale, la costante crescita dell’economia sono traguardi difficilmente dimenticabili.
Per rinnovare il riformismo, guardò all’Ottocento, in modo particolare a Pierre-Joseph Proudhon. Incanalò la sua azione politica in una cornice riformista e autonomista, ispirata da Pietro Nenni, Eduard Bernstein e dai fratelli Carlo e Nello Rosselli. E in questo fu un uomo del Novecento. Previde con sapienza e lungimiranza, l’involuzione di una democrazia svuotata della politica fino a diventare il simulacro di se stessa. Denunciò i rischi di un europeismo impoverito dei valori democratici e socialisti e quindi piegato sugli interessi di una élite completamente avulsa dai bisogni del suo popolo. E in tutto ciò è quanto mai attuale. In nome della verità e della libertà, sfidò le due chiese, quella cattolica e quella comunista; gli americani, col caso Sigonella; i poteri industriali, finanziari ed editoriali rispondenti a logiche molto lontane dai suoi valori socialisti. Subì processi e condanne giudiziarie. Ma Bettino Craxi è un pezzo di storia di questo Paese e la storia non si processa. Sarebbe riduttivo e fuorviante, pertanto, leggerla alla luce degli esiti giudiziari a suo carico. Di certo lascia una grande eredità politica, a dispetto del costante corto circuito tra il Belpaese e la sua memoria. Ma il senso dello Stato, il suo essere socialista fino al midollo, l’amore per l’Italia, lo consegnano, appunto, di diritto, alla storia di questo Paese che senza di lui e senza i socialisti, è peggiorato, sotto tutti i profili, in una spirale di crisi che sembra non avere limite e fine. L’Italia avrebbe oggi bisogno del suo spirito, delle intuizioni, del coraggio e delle sue idee. Egli fu impareggiabile interprete di quel riformismo socialista tradotto efficacemente in prassi di governo. Ma soprattutto, questo Paese necessiterebbe dei valori culturali rappresentati da Bettino Craxi, della sua politica di alto profilo e, ancora di più, di riscoprirne la sensibile intelligenza e umanità.
Corrado L’Andolina