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Sindaco della Zambrone che cambia
Giuseppe Grillo
Nel novembre del 1964, con alcuni mesi di ritardo sulla scadenza effettiva, in virtù di un provvedimento parlamentare mirato ad evitare uno dei tanti ingorghi istituzionali della nostra storia, si tennero a Zambrone le elezioni amministrative. Due le liste in competizione: quella della Dc, rappresentata dal farmacista Michele Purita e quella proposta da Peppe Grillo, composta da una coalizione civica che comprendeva, oltre ad un gruppo di coltivatori diretti, Corrado L’Andolina, collocatore comunale, Peppino De Carlo, Francesco Grillo classe 1938 e tre socialisti di San Giovanni (Peppino Russo, Diego Grillo e Nato Salamò) che facevano riferimento a Peppino Grasso, medico di Briatico, leader dei socialisti della zona. Il simbolo della lista capeggiata da Peppe Grillo era quello dell’Associazione dei coltivatori diretti, patrocinata in provincia di Catanzaro dall’onorevole democristiano Ernesto Pucci. L’emblema era costituito da tre spighe di grano appoggiate su una vanga. La battaglia fu combattuta fino all’ultimo voto ma le previsioni sembravano tutte in favore della lista Dc, sostenuta dal partito e che era apparentemente avvantaggiata anche dal fatto che la lista della spiga (coltivatori diretti) non presentava alcun candidato di Daffinà a causa di una serie di veti incrociati tra i probabili candidati. Contrariamente ad ogni previsione proprio Daffinà decretò la vittoria della “Spiga”. Si registrò, infatti, uno scarto di una ventina di voti che annullò il lieve vantaggiato ottenuto dalla Dc a Zambrone centro mentre a San Giovanni la “Spiga” era prevalsa per soli quattro voti. A urne spoglie e accertata la vittoria si scatenò l’entusiasmo dei sostenitori, specialmente nella frazione Daffinà che era stata determinante. Il corteo di auto raggiunse subito il paesino dove attendevano già con le bottiglie di vino e i bicchieri pronti Giacomo Taccone e Antonino Lo Tartaro, detto Krusciov, per la straordinaria rassomiglianza al premier sovietico che erano stati loro i grandi sostenitori della lista. Furono regalate delle spighe che la gente conservava in casa come augurio di prosperità. Ma le polemiche insorsero il giorno dopo quando sui davanzali delle finestre dei maggiori esponenti dell’altra lista furono trovati mucchietti di grano. Fu considerato uno sfottò esagerato e quasi offensivo e si scatenarono le congetture sull’autore della burla. Del misfatto venne incolpato Luigi Mazzeo, giovane sostenitore della lista vincitrice il quale tuttavia mai lo ammise, nemmeno quando le acque si furono calmate. Poi gli stessi capilista vollero sdrammatizzare e ci fu uno scambio di strette di mano. Erano queste le manifestazioni di giubilo che accompagnavano e seguivano le campagne elettorali. Che differenza rispetto a quelle di oggi: l’avversario è un nemico da distruggere, la diffamazione l’arma prevalente e l’ipocrisia l’atteggiamento abituale! Viene da pensare che in quel tempo non c’erano interessi da tutelare né nemici di abbattere. Vinceva la lista non gli individui. Il Consiglio elesse sindaco Peppe Grillo, assessori effettivi Corrado L’Andolina e Nato Salamò, assessori supplenti Peppino De Carlo e Domenico Piccolo. L’anno dopo sarebbe stata costituita la sezione socialista che fece da tramite tra l’amministrazione comunale e il ministro socialista dei Lavori pubblici Giacomo Mancini consentendo il conseguimento di traguardi insperati. Peppe Grillo guidò l’amministrazione con polso energico e determinazione. Era un contadino vecchio stampo, intelligente e saggio. Lo distinguevano un paio di baffoni all’Umberto che curava con particolare attenzione: unico vezzo che si concedeva essendo in realtà uomo austero e religioso, assolutamente privo di retorica ma ricco di sensibilità e sinceramente compreso della sua funzione. Si lasciò guidare nell’attività amministrativa da chi, a suo dire, era in grado di arrivare dove lui, intelligente ma in possesso della sola licenza elementare, non sarebbe riuscito. L’anima vera della sua amministrazione furono in realtà l’assessore anziano Corrado L’Andolina e il segretario comunale Gaetano Callipo. Peppe Grillo, tuttavia, era uomo che teneva molto alle sue prerogative e le conservò con determinazione e fiducia in se stesso. Era un abile manovratore e conosceva bene i meccanismi della politica. Teneva al paese sopra ogni altra cosa e fu molto attivo e coraggioso. Si assunse responsabilità operative perché ne era capace e sapeva guidare l’amministrazione con polso fermo e certezza di obiettivi. La sua fu un’amministrazione che risolse problemi storici del territorio. Con lui nacque la rete idrica moderna, la rete fognaria, l’ammodernamento dell’edificio scolastico di Zambrone, l’ammodernamento dell’illuminazione esterna, il primo programma di fabbricazione, due lotti di alloggi popolari per i lavoratori agricoli, il complesso residenziale pubblico di via Pietro Mancini a Zambrone , di via Andrea Giannini a San Giovanni e di via Pietro Nenni a Daffinà e fu deliberato il finanziamento delle case popolari di Daffinà, oggi via Giuditta Levato. Può essere considerata la sua, l’amministrazione della rinascita di Zambrone che coronava degnamente il sogno dei suoi predecessori che ne avevano gettato le basi in tempi difficilissimi. Inizio in questo periodo lo sbaraccamento per realizzare il quale non pochi furono gli ostacoli da superare. Il maggiore successo di Peppe Grillo fu, comunque, l’aver compreso che i tempi stavano cambiando velocemente e che la politica assumeva un ruolo sempre più importante anche nell’attività amministrativa: nacque il primo gruppo politico legalmente costituito, quello socialista, che comprendeva i tre consiglieri di San Giovanni al quale si sarebbe aggiunto Francesco Grillo classe 1938 con Peppino Russo capogruppo. Peppe Grillo seppe intelligentemente coordinarsi con le forze politiche di governo ed ottenne per il suo paese una serie di finanziamenti che non si sarebbero più ripetuti per il futuro. La popolazione sosteneva il suo impegno e assisteva incredula ai cambiamenti che si stavano realizzando sotto i suoi occhi. Quando nel 1970 la sua amministrazione ebbe termine, il paese era profondamente cambiato. Qualche vecchio zambronese che tornava dall’Argentina dichiarava candidamente di non riconoscere più il paese che aveva lasciato tanti anni prima. Di nessuna tra le amministrazioni che si sono succedute dal dopoguerra ad oggi si può dire, come per quella di Peppe Grillo: missione compiuta! Eppure il personaggio aveva i suoi limiti caratteriali. Imperioso e ostinato non concepiva una linea diversa dalla sua, specialmente nella gestione della quotidianità amministrativa. Ma era persona leale e di alta coscienza morale. Religiosissimo per convinzione e per tradizione familiare, Peppe Grillo, che aveva combattuto durante la Seconda guerra mondiale come richiamato alle armi, fu, per tutta la vita un uomo solo, abituato a dialogare con se stesso più che con gli altri, ma aveva il senso delle Istituzioni come pochi e tutta la sua vita fu improntata ad un’impostazione quasi calvinista, scrupolosa e determinata. In un certo senso era un simbolo: il simbolo della Calabria povera e intelligente, che usa le sue forze per emanciparsi, la dimostrazione che sia l’intelligenza ed il buon senso a risolvere i problemi più che la cultura. Oggi, nell’era della globalizzazione può apparire persino patetica una tale convinzione, ma siamo negli anni Sessanta, un’epoca di grandi progetti e di rilevante transizione e personaggi come Peppe Grillo, alla guida dei comuni del Vibonese, nello stesso periodo, erano il sale e il pepe della vita politica locale. Basta ricordare Peppino Cichello (Dc) a Zungri e don Micuccio Contartese (Pci) a Rombiolo, destinati a diventare leggenda di un’epoca che, per molti versi, leggendaria lo fu davvero.
Salvatore L’Andolina
Pubblicato su Cronache Aramonesi, marzo 2009, anno V, n. 2
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
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