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Micuccio Grillo
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Un idealista concreto
Micuccio Grillo
La stanza mi appariva piccola e buia, nemmeno i venticinque watt della lampada pendente su un pavimento sberciato, un po' in cemento un po’ in terra battuta, riuscivano ad illuminarla. Un tavolo di legno dalle gambe malferme e alcune panche intorno a piccoli tavoli erano l’arredamento. Sullo sfondo alcune mensole cariche di pacchetti di sigarette e le balle cariche di sale ordinatamente appoggiate al muro. Era in quella stanza, che i cittadini di San Giovanni chiamavano putighinu dove mi trascinava mio padre, allora impegnato a seguire, al tempo delle macine, i lavoratori dell'oleificio del cavaliere Arena, il maggiore proprietario terriero del posto. Il freddo, all'esterno pungente, spariva per il calore di un braciere posto al centro e, intorno a quella fonte di calore, un gruppo di uomini discutevano bevendo lunghe sorsate di vino. Una donna anziana e piena di energia entrava ed usciva continuamente. Seppi poi che era ‘za Mararosa che, nella stanza adiacente, assisteva il vecchio marito, ‘zu Ninu, ammalato. Molti anni dopo questa scena ed altre simili mi tornarono in mente. Intanto avevo imparato i nomi e i cognomi di tutti e, lavorando al Comune, ne ricordavo di tutti la data di nascita. Volti e parole, battute e scherzi esprimevano i valori e la cultura semplice e di un ambiente contadino, vitale e industrioso di per sé ma lontano dal mondo. Il paese non era collegato con il capoluogo, che poteva essere raggiunto a piedi o a dorso d'asino per la via Cocomera e Runci. Solo alcuni anni dopo sarebbe stato costruito il ponte che collega San Giovanni con la provinciale Zungri - Briatico e con il resto del mondo. La gente viveva nelle baracche, di cui era costituito quasi tutto il paese, escluse le casette sulla piccola piazza, tra le quali spiccava la residenza del cavaliere Arena con un piccolo giardino tutt’intorno. L'acquedotto era di là da venire: unica possibilità di rifornirsi di acqua era la fontana (uno splendido vaso di pietra lavica perfettamente scolpito), fuori paese, giù a Levrisi. Anche la scuola elementare era allocata in una baracchetta fredda e disadorna e la chiesetta, intitolata a Santa Marina in una baracca un po' più grande, dove d'inverno si gelava e d’estate si rischiava l’asfissia. Colpa del terremoto del 1905 si lamentava la gente! Colpa del terremoto del 1905 si giustificavano i politici che arrivavano puntuali nelle campagne elettorali. E le lacrime si accompagnavano con le promesse. E la gente ascoltava scettica discorsi e promesse. Alcune testimonianze degli anziani mi hanno riferito che una volta, da Cosenza, arrivò l’onorevole Cassiani, importante parlamentare calabrese della Democrazia cristiana e, in un paio di governi persino ministro. L'onorevole guardò le baracche, guardò le strade, guardò le donne e i bambini, guardò gli uomini che lo circondavano, la chiesa, la scuola e….pianse. Un giovanotto dal portamento elegante, incitato dagli anziani che assistevano, il vecchio Vincenzo Russo con Nato Russo, Peppe Giannini e Nicola Giannini, gli rivolse la parola in perfetto italiano "Onorevole, invece di piangere perché non provvedete? Di lacrime abbiamo già le nostre e ci basteranno per secoli!".
Quel giovanotto si chiamava Domenico Grillo. Tutti lo chiamavano Micuccio u putigaru. Va da sé che, dalle nostre parti, il soprannome non ha alcuna intenzione ingiuriosa ma serve per distinguere le persone, visto il ripetersi dei cinque o sei nomi maschili più usati. La cronaca non riporta la risposta dell'onorevole. Il giovanotto, consigliere comunale in carica, non aveva completato la scuola elementare. In quel tempo, a San Giovanni lo Stato offriva l'istruzione solo per le prime tre classi poi bisognava scendere a Zambrone ma nessuno continuava vuoi per la distanza (quattro o cinque chilometri da percorrere a piedi lungo i viottoli di campagna) vuoi perché i ragazzi servivano più a casa e in campagna che a scuola. E poi c'era il negozietto con i tabacchi e il vino. Ma Micuccio era intelligente e sveglio ed aveva una sensibilità straordinaria. Leggeva qualche libro che, chissà come, gli capitava tra le mani e comprava il giornale. Fece amicizia con un giovane maestro socialista che aveva insegnato per qualche tempo a San Giovanni. Quel maestro si chiamava Natale Landro e veniva dalla vicina Parghelia. Sarebbe diventato dopo qualche anno dirigente socialista e sindaco -uno dei migliori che abbia avuto la Calabria - del suo paese.
Micuccio si teneva aggiornato leggendo l’ Avanti! il giornale del Partito socialista e discutendo con alcuni compaesani che già, pur non militando, si erano avvicinati al socialismo e al comunismo. Diede dignità politica al suo ruolo di consigliere comunale e divenne l'animatore degli interessi del suo paese. Fu anche per le sue battaglie che lo Stato fece capolino nel piccolo centro. I primi alloggi popolari, l'acquedotto, il primo nella storia di San Giovanni, il rattoppo di qualche strada e poi la costruzione del ponte che poneva fine all'isolamento recano l’impronta del suo impegno. Povertà e dignità si conciliavano nella sua anima con un bisogno alto di cultura. Non aveva che la terza elementare ma parlava con una proprietà di linguaggio da far invidia ad un insegnante, non aveva studiato filosofia a scuola, ma citava Marx ed Engels come se li avesse studiati all'università, scriveva correttamente con grafia nitida e corretta; teneva testa ai politici di mestiere e riusciva a metterli in difficoltà con la sua dialettica. Non poteva permettersi il televisore e correva nella vicina Zungri per ascoltare le prime tribune politiche con Nenni e Togliatti. Aveva alto il senso, ma dovrei dire il sentimento del Partito e un carattere deciso, incapace di compromessi. Ancora più grande era il sentimento dell'amicizia. Una volta cacciò via in malo modo il segretario di una sezione della Dc perché aveva diffamato i suoi amici. Usò una tale asprezza che quello scappò via e non tornò più a San Giovanni. Un’altra volta, presentando Peppino Grasso, candidato socialista al collegio provinciale, fece una bellissima introduzione raccontando le origini del socialismo e le ragioni della sua adesione. Parlava con il cuore e al cuore . Fu determinante, nel 1964, ancora consigliere, nella battaglia per ripristinare il listone comunale alle elezioni amministrative eliminando il voto per frazione, che aveva determinato instabilità e immobilismo e che avesse visto giusto lo si vide alle elezioni di quello stesso anno. Fu promotore di una lista civica di centro-sinistra che vedeva la presenza di tre candidati di San Giovanni nelle persone di Diego Grillo, Peppino Russo e Antonio Tripodi.
Quella lista vinse le elezioni e Peppe Grillo di Zambrone fu eletto sindaco con Corrado L'Andolina vice sindaco. A sera tutto il gruppo di San Giovanni si precipitò a Zambrone con l’intenzione di festeggiare. Giunsero allegri a casa nostra, in via Europa, ignorando che proprio quel giorno un nostro parente era deceduto e si faceva la veglia nell’appartamento di sotto. Ma la gioia, sebbene contenuta, brillava nel cuore di tutti perché si aveva netta la sensazione che i tempi stavano cambiando. Un paio d’anni dopo, proprio con quell'amministrazione, il ministro dei Lavori pubblici, Giacomo Mancini, avrebbe visitato Zambrone e i problemi che Micuccio Grillo aveva indicato sarebbero stati in parte risolti. Unico rimpianto: proprio lui, il lucido e razionale socialista non sarebbe vissuto abbastanza per gioirne.
Salvatore L'Andolina
Pubblicato su Cronache Aramonesim anno II, n. 3, aprile 2006
Associazione culturale Aramoni - Storia e tradizioni del popolo di Zambrone
frazione San Giovanni, Viale Antonio Gramsci numero 3 - 89867 Zambrone (VV) - Italia