UN SOGNO CHIAMATO PATRIA. STORIA DI DOMENICO RUSSO
«Il 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra… il 24 maggio il Piave mormorò… e, sempre il 24 maggio, ma del 1978, nacqui io. Un destino forse segnato…». È così che Domenico Russo, zambronese di nascita, un mio amico dai tempi di scuola, inizia a raccontarmi la sua storia. Ed è così che sento salire in me una forte emozione. Un’emozione che mi fa leggere tutta d’un fiato la sua storia fatta di sofferenza, di coraggio e amore. Amore per la patria, qualcosa in cui molti non credono più e tanti altri nemmeno conoscono, offesa e sfruttata da chi dice di rappresentarla e di esserne al suo servizio. È l’amore per l’Italia e il senso di appartenenza alla sua bandiera, il tricolore. Domenico Russo è “figlio d’arma” come si vuole definire lui, cresciuto sotto una rigida e buona educazione, tra caserme e divise. Il padre infatti, era un carabiniere. I primi sintomi di amore e attaccamento alla divisa iniziò ad averli nella prima adolescenza. Quell’amore per l’arma dei carabinieri, cresceva in lui anno dopo anno e iniziò a pensare di arruolarsi mentre, di nascosto dal padre, indossava la sua divisa e si guardava allo specchio, sognando che da grande quella sarebbe stata la sua missione: essere un bravo e valido carabiniere. Nel 1997, pochi mesi prima dell’esame di Stato, uscì il bando di concorso per l’arruolamento volontario nello esercitò, cosicché, senza dire niente ai suoi genitori, presentò la domanda. Dopo un mese arrivò la lettera raccomandata per presentarsi a Catanzaro alla visita militare e lì successe il finimondo. I genitori di Domenico infatti, volevano che il loro figlio finisse prima con gli esami di Stato e poi facesse le sue scelte. Per evitare che perdesse il diploma, il padre di Domenico andò direttamente al distretto militare, chiedendo che la domanda fosse annullata e così fu. Dopo gli esami ripresentò la domanda. Il 10 dicembre del 1997 era già arruolato nel 225esimo reggimento. Il sogno di Domenico di partire in missione si stava realizzando. Ma il destino gli aveva riservato un futuro più duro, fatto di sofferenza e lotta. Purtroppo proprio nell’ultimo giorno di addestramento, in cui si eseguivano assalti a fuoco (utilizzando proiettili e bombe a mano con carica attiva), lo scoppio accidentale della sua bomba a mano, distrusse tutti i sogni che Domenico aveva fatto fino ad allora per la sua vita militare. Riportò ferite da schegge di bomba su quasi tutto il corpo nonché nell’occhio sinistro che purtroppo perse. Dopo questo incidente, la carriera militare di Domenico fu troncata. L’anno dopo arrivò il congedo assoluto per causa di servizio e il suo ritorno a casa non fu dei migliori. Domenico si chiuse in sè. Sentiva la sua vita distrutta. Aveva perso ciò che da sempre sognava. «Avevo perso non il mio “lavoro” ma ciò che ho sempre considerato una vocazione, il sogno realizzato che era svanito per sempre e a soli 20 anni! Vissi un brutto periodo. Non volevo più uscire né vedere nessuno. Spesso rimanevo chiuso nella mia stanza per giorni interi, al buio. La cosa più brutta era che alcune persone, invece di chiedermi se stavo bene mi dicevano che adesso avrei preso la pensione! Io mi ero arruolato per diventare un soldato e per proteggere e servire la mia Patria! Ma questo la gente non poteva capirlo». Col tempo Domenico iniziò a reagire, a darsi degli obiettivi. Non poteva mollare i suoi sogni così. Lo sport lo aiutò a tenersi in forma. Grazie all’uso di internet, cominciò a ricercare informazioni che lo potessero aiutare a rientrare in servizio. Questa era la sua sfida. Entrò nello status del ruolo d’onore, in cui venivano iscritti i militari che per ferite o lesioni gravi venivano congedati per causa di servizio. Nel 2010 conobbe una ragazza, ex militare che aveva avuto anche lei un incidente in servizio. Fu lei a informare Domenico su una legge che permetteva a chi era stato ferito in addestramento di poter ritornare in servizio. La voglia di indossare quella divisa e di far parte nuovamente dell’esercito italiano era tale che Domenico andò personalmente a Roma. Il 2 gennaio 2013 è poi stato a Catanzaro, per firmare la notifica di rientro in servizio. Dopo ben 13 anni Domenico indossa la divisa che quella bomba gli aveva tolto, riacquista il pass per entrare in caserma e l’alloggio dove vive la sua nuova vita militare. «Mi sembrava tutto strano, ritornare in caserma e vivere di nuovo la mia vita… ciò mi ripaga di tutto quello che ho sofferto ed è la conferma che non bisogna mai smettere di credere, sognare e combattere per le proprie idee! Molti mi chiedono perché dopo così tanto tempo sono ancora lì. Io rispondo semplicemente per passione e amore per la Patria». Questa storia mantiene viva in noi la speranza nel pensare che, se c’è ancora un giovane ragazzo così caparbio nella difesa del suo Paese, forse non tutto è perso. Gli italiani finora sono andati alla ricerca di persone cui delegare compiti di rappresentanza e forse hanno sbagliato. Erano gli ideali che andavano ricercati. Quegli ideali persi e abbandonati che andrebbero riadattati ai nostri tempi.
Mariella Epifanio
Pubblicato su Cronache Aramonesi, aprile 2013, anni IX n. 3