PRESENTAZIONE DELL’ “ASSOCIAZIONE AMICI DI ALDO FERRARO”
Sebbene avvezzo alla parola, per motivi professionali, nutro sentimenti di grande emozione a parlare in questa circostanza. Per ragioni facilmente intuibili. Mi sento onorato e rivolgo per questo il mio più sentito ringraziamento alla famiglia di Aldo Ferraro e al presidente dell’associazione, Mario Ambrosi; ma si tratta di un triste privilegio. Non intendo soffermarmi sulle modalità organizzative del sodalizio dedicato ad Aldo e nemmeno sulle sue finalità, dettagliatamente indicate nell’atto costitutivo dell’associazione. Mi piace, invece, ricordare un amico partendo da una foto che mi diede alcuni anni fa, suo fratello Francesco. E’ una foto a colori, nella quale ci sono tre bambini con le loro insegnanti; i tre pargoli sono i fratelli Ferraro. In quella foto rivivono attimi di serenità e di felicità. Ma si tratta di attimi, appunto, alla fin fine, quella foto sembra cedere il passo a un dolore che non conosce limiti spazio-temporali. Uno strazio senza fine sembra essersi impossessato in quanti, direttamente e indirettamente, si siano relazionati con quella foto così bella ed espressiva che improvvisamente e drammaticamente sembra perdere luce e affievolire il suo impatto visivo ed emotivo nei colori del bianco e del nero. Come una pellicola che viene riavvolta rapidamente e lascia lo spazio solo al buio. E allora ecco la prima ragione per cui viene costituita l’associazione “Amici di Aldo Ferraro”. La malasorte ha già avuto una sua traboccante vittoria; rimane uno spazio, piccolo, piccolissimo per costruire qualcosa di solido e di prezioso. Lo spazio dell’operosità costruttiva che certamente l’amico Aldo avrebbe fatto suo. Ma c’è qualcosa di molto importante che sorregge la scelta di costruire il sodalizio in memoria di Aldo. Si tratta di un’inderogabile necessità: mantenere viva la memoria di una vita vissuta bene. In una società globalizzata anche nell’estrema periferia, la secolarizzazione, le tendenze modaiole verso scelte effimere, la forza fagocitante della caducità, spesso e volentieri prendono il sopravvento sui valori positivi che hanno sorretto la comunità sin dalla sua fondazione. Aldo, di fronte a tali negatività riuscì a rimanere estraneo. Grande lavoratore, sposo fedele, padre premuroso, compagno socievole, disponibile ed altruista ha saputo dare un’impronta di sé molto significativa. Un modello virtuoso da cui attingere quotidianamente stili e comportamenti di vita così antichi e moderni allo stesso tempo. L’istituzione del “Premio bontà ed amicizia”, pertanto, risulta un obiettivo prioritario cui deve tendere il sodalizio. Non si tratta di organizzare una volta all’anno una cerimonia per dissertare di chissà quali grandi sistemi filosofici o economici. Piuttosto, di indicare agli zambronesi soprattutto, ma non solo, un esempio comportamentale improntato alla generosità e alla compostezza, all’equilibrio e alla disponibilità, all’amicizia e alla bontà, appunto.
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La vita di Aldo è stata interrotta da un evento terribile; la sua fine la chiamano “Morte bianca”. Il bianco, in effetti, evoca la purezza; altro dato peculiare dell’essere di Aldo. Ma questa comunità ha pagato al mondo del lavoro un tributo enorme. Nell’ultimo mezzo secolo ben dieci le persone che hanno perso la vita sul lavoro. Un dato francamente inaccettabile che deve indurre tutti a un’approfondita riflessione. Aldo non avrebbe mai accettato compromessi o favoritismi, la logica della clientela e dell’egoismo gli era del tutto estranea. Ma questa signorilità, questa onestà intellettuale, prima ancora che morale, non potrà mai “giustificare” il pagamento di un corrispettivo così alto, né da parte di Aldo, né degli altri nove lavoratori di Zambrone deceduti sul lavoro. Su questo punto, l’associazione dovrà dare il meglio di sé. La conoscenza del mondo del lavoro sin da giovanissimo, con tutte le insidie, i tormenti, le difficoltà che in terra di Calabria esso porta con sé, hanno fatto maturare Aldo molto presto. Aldo s’inserì nel mondo del lavoro ad un’età in cui i giovani spesso continuano a vivere all’insegna della spensieratezza. Le durissime privazioni imposte da ritmi lavorativi serrati, lo hanno spinto verso una rapida maturazione umana. Una tragica fatalità, però, gli ha impedito di cogliere i frutti dei suoi giovanili sacrifici. In una terra dove il lavoro continua ad essere un “miraggio”, la sua conquista apparve ad Aldo un risultato molto positivo; e probabilmente lo fu. Ma la tragica fine di un lavoratore poco più che 32enne, può rientrare nei canoni astratti della “tragica fatalità”? L’autorità giudiziaria seguirà il suo percorso e approderà alla sua verità. Ma un incidente letale che priva un padre di famiglia alla gioia dei suoi cari, non è mai solo una “tragica fatalità”. Ci sono responsabilità ataviche e attuali che fanno riferimento a un’inaccettabile ed esecrabile condizione di arretratezza economica, sociale e lavorativa, contro cui o prima o poi bisognerà ribellarsi. E allora l’associazione “Amici di Aldo Ferraro” non potrà non rivolgere il suo sguardo impietoso verso una tale realtà. Il mondo del lavoro, infatti, non risulta come il luogo naturale in cui realizzare il proprio essere, ma come un sito pervaso da troppe negatività, spesso fonte di lutti infiniti.
In questi giorni ho pensato ad Aldo ancora più intensamente. Le vittorie o le rimonte del Milan che lo proiettano in corsa per la conquista del titolo nazionale, lo avrebbero certamente reso felice. E allora anche lo sport rappresenta un’ulteriore occasione d’incontro, di socievolezza, di confronto, di amicizia. Incontrarsi in un rettangolo da gioco nel nome dell’amico che non c’è più, è un modo come un altro per sentirlo vicino, per rafforzare quel legame che comunque non potrà mai svanire. Ben vengano, pertanto, tutte quelle iniziative sportive organizzate dal sodalizio, nel nome di Aldo. Lo sport, non rappresentava per Aldo soltanto un momento ludico. Piuttosto, era in qualche modo la metafora del suo modo di relazionarsi con la vita, con i compagni e con gli estranei. Il suo agire era improntato a una profonda umanità. Leale, disponibile, gioviale era solito gettare il cuore oltre l’ostacolo per segnare un goal. Ma era pronto a rapportarsi con l’identico metro e con lo stesso spirito anche nelle quotidiane relazioni interpersonali. Temperamento appassionato, aveva una particolare propensione alla collaborazione e alla curiosità. Il suo animo sportivo, segnato dall’assoluto rispetto delle regole, prevaleva sempre.
Mi rivolgo poi ai familiari. La costituzione di tale associazione, preludio alla realizzazione di vari eventi commemorativi la memoria di Aldo, non deve e non può diventare occasione di ulteriore dolore e angoscia. Aldo, anche dall’aldilà riuscirà a strapparci momenti di aggregazione partecipata, una delle tante positive eredità che l’associazione saprà valorizzare. Siccome oggi ricorre la memoria di Sant’Aldo ho dato una spulciata alla sua agiografia. Sant’Aldo era un Benedettino per molti versi atipico. Pregava molto e, come il nostro amico Aldo, lavorava moltissimo. Il santo, di giorno, infatti, era solito partecipare alla vita sociale della comunità come carbonaio. Nel mio archivio c’è un’altra foto di Aldo. Lo ritrae nella processione di San Carlo assieme alla sua amata Gabriella e al figlioletto Lorenzo. “Aldo”, nel linguaggio longobardo significa “saggio”. Ad entrambi voglio dire proprio questo: avete avuto un padre e un marito saggio. Una saggezza tratta dal lavoro e da un modo di vivere la fede solo apparentemente distratta. Ma la sua saggezza è stata anche il frutto dell’educazione di due genitori splendidi: Elisa e Peppino. Madre dolce e premurosa la prima, padre affettuoso e presente il secondo. Per un genitore non c’è strazio maggiore che sopravvivere alla perdita del proprio figlio. Ma questi genitori possono essere orgogliosi e sicuri che tanta saggezza non andrà dispersa, ma sarà piuttosto un patrimonio prezioso per il piccolo Lorenzo, per i suoi amici e per l’intera comunità di Zambrone. Tra i compiti dell’associazione, c’è anche la valorizzazione di questo importante patrimonio. Infine, penso ai suoi fratelli che così tenacemente hanno voluto costituire il sodalizio. Li voglio rassicurare: non sarete mai soli. Gli amici di Aldo sono numerosi e si adopereranno, sempre, per il conseguimento dei fini sociali dell’ente. Caro Carlo, caro Francesco, il vostro dolore fraterno è anche mio e di tutti i fraterni amici di Aldo! L’associazione “Amici di Aldo Ferraro” sarà animata da una direttrice costante, mantenere sempre calda e splendente la luce che continuerà ad irradiare la figura e la memoria dell’amico Aldo.
In conclusione. Questa Associazione che prende oggi il via intende cogliere e promuovere, nel nome del nostro amico, alcuni valori che appaiono sempre più opachi e secondari nella vita individuale e collettiva del mondo contemporaneo. L’amicizia. Che oggi sembra più un corollario dei rapporti di interesse e delle aspettative piuttosto che un valore fondato sull’affetto tra esseri umani. L’amicizia è un proporsi continuo, come esseri umani, verso chi confida in noi e da noi si attende una mano nel momento del bisogno. Un non tirarsi indietro di fronte ai problemi altrui ma un tacito soccorrersi a vicenda senza pensare né al danno né all’utile del rapporto. Del resto è così che la intendeva Aldo. La famiglia. Nucleo storico insuperabile di qualunque costruzione positiva che gli uomini si prefiggono durante la loro esistenza. Fine essenziale e inderogabile dell’attività umana, che ci colloca in un sistema di relazioni e di contatti dando un senso ai sacrifici ed alla nostra saggezza. A che cosa servirebbero, infatti, i nostri sforzi se non fossero finalizzati alla crescita morale e culturale dei nostri figli e al loro benessere? La società come luogo etico in cui si libera la nostra umanità e la nostra intelligenza al servizio della comunità. Luogo in cui a tutti è concesso di esprimersi liberamente e di operare in conformità alle proprie convinzioni. Luogo in cui la nostra creatività si mescola e cresce nel confronto con quella di tutti gli altri e che, quindi, costituisce il fondamento stesso del nostro presente. E se riusciremo, insieme, a dare forza e continuità, con questa associazione, a questi semplici valori, Aldo vivrà sempre in noi.
Zambrone, lì 10 gennaio 2011
Corrado L'Andolina