E SUL SIRENIDE AUMENTA LA CURIOSITA’
Zungri, concluse le operazioni di recupero dei resti del fossile
ZUNGRI «Pare che abbiano trovato i resti di un dinosauro». «Sembra che siano stati scoperti i resti di un pesce enorme». Erano soltanto alcune delle voci che si rincorrevano tra la gente del posto fino a pochi giorni fa. E’ del tutto normale che in un piccolo centro dove a tavola non si discute di Sirenidi, Proboscidati e Giraffidi, la fantasia e l’iperbole giochino un ruolo prioritario. Poi a dare un taglio netto a ipotesi suggestive ma carenti di aderenza con la realtà, l’ufficializzazione della scoperta, avvenuta nel cuore delle campagne zungresi. Trattasi dei resti di un Sirenide, uno dei tanti esemplari marini che oltre sette milioni di anni fa popolava le acque calde del… Poro! Già, perché all’epoca, l’Oceano Tetide occupava gran parte dell’Europa, ivi inclusa, quella che oggi è considerata tra le aree più fredde della provincia. Una specie di nemesi beffarda… operata dalla stessa madre natura. Il Sirenide era un animale molto simile all’attuale dugongo che alberga nel Mar Rosso, nell’Oceano Indiano e in qualche zona del Pacifico. La sua presenza, invece, è scomparsa sia dall’Oceano Atlantico che dal Mediterraneo. Le operazioni di recupero, ormai, sono state completate. Il merito è della ricercatrice Cinzia Marra, proveniente dall’Università di Messina, dipartimento di Scienze dell’antichità, che si è a tal fine profusa con appassionata intensità. La docente di Paleontologia, originaria di Reggio Calabria, ha condotto la sua attività con solerzia e puntualità. Le operazioni, comunque, sono state supervisionate dalla Soprintendenza per i Beni archeologici della Calabria diretta dall’esperta Maria Teresa Iannelli. Un ruolo importante, in termini di supporto scientifico e materiale, lo ha svolto anche il Gruppo paleontologico tropeano (Gpt), presieduto da Pino Carone. Signori di mezza età con tanto di macchine fotografiche professionali, giovani mamme che scrutano scrupolosamente ogni elemento del sito, adolescenti accompagnate da inseparabili iPod, ragazzini equipaggiati con gli attrezzi del mestiere di esploratore; tutti uniti dalla comune passione per l’archeologia, ovvero per la storia dell’umanità e per il rispetto della natura. A fare da cornice, il verde lussureggiante della località “Serre”. Da sottolineare anche la presenza dell’Associazione italiana donne medico (Aidm) presieduta da Katia Achille. Quest’ultimo sodalizio è stato coprotagonista (insieme al Gpt) del progetto “Intrecci positivi” con cui è stato finanziato, dalla Provincia di Vibo, il recupero in oggetto. Ruolo propositivo anche per la consigliera Barbara Citton che si è costantemente adoperata per il buon esito dell’iniziativa e per il presidente Francesco De Nisi che ha garantito adeguato sostegno. Ora seguiranno un insieme di operazioni burocratiche e materiali finalizzate al restauro dei resti. Difficile sapere con precisione, quando avranno fine. Ancora più complicato immaginare cosa accadrà a medio termine, una volta che essere saranno esaurite. Al riguardo, però, il sindaco Francesco Galati è stato chiaro: «Questa compagine amministrativa crede fermamente nel connubio turismo-cultura. La recente scoperta offre al territorio un altro tassello rivelatore di quelli che furono gli equilibri ambientali del passato. Il suo definitivo recupero sarà un’opportunità importante che l’ente cercherà di capitalizzare al meglio, nell’interesse della sua comunità».
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora il 6/10/2010, p. 33