LA CAMEIUZZA |
La storia
Siamo tra la fine del 1060 e gli inizi dell'anno 1061. I normanni intendono
perseguire un ambizioso obiettivo: liberare l'isola dal dominio saraceno e
restituirla alla Chiesa di Roma. Il raggiungimento di tale obiettivo è
facilitato dalle lotte intestine che assillano i tre emiri che dominano ad
Enna (Ibn al Awas), nel territorio di Mazara e di Trapani (Abdullah Ibn Haukal)
e nel territorio che comprende Catania e Siracusa (Ibn at-Timnah).
L'occasione per invadere l'isola viene offerta al Conte Ruggero d'Altavilla,
quando nel febbraio del 1061 si trova in Calabria, a Mileto. È quì,
infatti, che riceve la visita di Ibn at-Timnah, che chiede aiuto per combattere
il forte esercito del cognato signore di Enna (Ibn al Awas) presso cui si
è rifugiata la moglie Maimuna. In cambio dell'appoggio, Timnah offre
a Ruggero il dominio su tutta la Sicilia.
La prima impresa di Ruggero e Ibn al-Timnah, alla fine del febbraio del 1061,
non va bene. I cavalieri normanni, sbarcati presso l'odierna Torre Faro, effettuano
una scorreria cercando di controllare le strade che da Messina portano alle
roccaforti di Rometta, Tripi, Milazzo e Monforte. I saraceni, nel frattempo,
hanno potenziato le difese della città di Messina e dei colli sicché
Ruggero, in procinto di sferrare l'attacco per conquistare la città
dello Stretto, temendo di rimanere sconfitto, anche a causa dell'arrivo di
un forte contingente saraceno dalla vicina Catania, preferisce ritirarsi al
Faro e varcare lo Stretto, rimandando ad altra occasione l'attacco al saraceno.
Ruggero, dopo il fallimento della prima spedizione, comprende infatti che
solo un attacco repentino può mettere in ginocchio la città
di Messina. L'occasione la coglie nel mese di maggio 1061 quando sbarca, provenendo
da Reggio, a Calcare nei pressi dell'odierna Tremestieri.
La storia ci fornisce alcuni elementi che sono all'origine della leggenda
di cui ci occupiamo. Le fonti documentarie riferiscono infatti che il piccolo
esercito normanno, composto da circa 500 cavalieri, appena sbarcato alle primissime
luci dell'alba, si scontra con un drappello di saraceni, provenienti da un
vicino castello, che portano salmerie e denari alla guarnigione saracena di
Messina. In aiuto di Ruggero, per conquistare Messina, sopraggiunge il fratello
Roberto il Guiscardo con altri 1.500 uomini che sbarcano nei pressi della
città. Questa volta l'impresa ha successo e la sorpresa dell'azione
mette in ginocchio Messina.
Ruggero e Roberto, insieme a Timnah, iniziano la conquista dell'isola. Nel
1071 cade Catania, nel 1072 viene conquistata Palermo, nel 1077 e nel 1079
è il turno, rispettivamente, di Trapani e di Taormina. Nel 1085 cade
Siracusa, nel 1086 Agrigento e finalmente la conquista termina con la presa
di Noto nel 1091. Trent'anni, quindi, furono necessari al Conte Ruggero per
sottomettere l'isola al suo dominio.
Le leggende
del "ciclo normanno"
La leggenda vuole che Ruggero, battuto il piccolo drappello che proveniva
da un vicino castello, entrasse nella città di Messina a dorso di un
cammello sottratto ai saraceni. Di tale cammello si sarebbe conservata in
città la pelle per alcuni secoli. Riferiscono i cronisti che il simbolo
di un cammello, per molti anni, venne portato in processione durante le feste
dell'Assunta e durante le feste patronali i genere. La tradizione rivive soprattutto
in agosto, in occasione della passeggiata dei "GIGANTI" Mata e Grifone.
L'impresa di Ruggero alimentò, in particolare, la fantasia delle popolazioni
della dell'area dello Stretto. ed anche del resto dell'Isola. Intorno alla
sua figura ed alle sue gesta fiorì una serie di leggende che normalmente
si compendiano nel cosiddetto "ciclo normanno" e che prevalentemente
sono caratterizzate dall'elemento religioso. Basti pensare all'apparizione
di S. Giorgio a Ruggero, che riesce a mettere in fuga trentamila arabi a Cerami,
e agli interventi della Madonna, in altre battaglie (Madonna delle milizie
di Scicli), e di S.Silvestro a Troina.
A Messina si ricorda ancora la leggenda di Ruggero che, assorto a guardare
la costa siciliana dalle rive della Calabria, rinuncia all'aiuto della fata
Morgana, sorella di Re Artù, apparsagli su un cocchio trainato da sette
cavalli nel bel mezzo dello Stretto. Ruggero infatti vuol conquistare l'isola
con la fede in Cristo e non con la magia e l'inganno.
Tra storia e leggenda: "U camiddu e l'omu sabbaggiu"
Le leggende del ciclo normanno, per quanto a lungo studiate ed esplorate,
presentano ancora qualche lacuna. La leggenda del "Camiddu e l'omu sabbaggiu"
che in lingua può tradursi "Il cammello e il saraceno", rappresentata
in forma di pantomima nel villaggio S. Stefano Medio, alla periferia di Messina,
è certamente da attribuire al periodo normanno ed offre spunti validi
per ipotesi assai interessanti, che s'intrecciano con la storia del suo castello,
di sicura origine bizantina almeno nelle strutture iniziali (il torrione centrale,
detto dongione) e quindi esistente già al tempo dello sbarco normanno.
La struttura del castello venne elaborata in epoca saracena, normanna, angioina,
fino ad assumere la forma attuale divenendo, nel tempo, torre di avvistamento,
fortino, abitazione civile, magazzino di attrezzi agricoli. La vicinanza ai
luoghi dello sbarco di Ruggero, lascia supporre che il drappello saraceno,
attaccato a Calcare da Ruggero, provenisse proprio da S. Istaphin (così
Edrisi, geografo arabo, chiamava infatti S. Stefano). Stefano, peraltro, sarebbe
stato un martire che predicava in zona già in epoca bizantina (la presenza
della vecchissima chiesa rupestre di S. Stefano Medio, sita accanto al palazzo
Pollicino, è una dimostrazione del culto dedicato al martire in tempi
lontani). Non è documentata, per ciò che c'è dato sapere,
presenza di altri castelli nelle vicinanze dell'area dello sbarco. Sulla base
delle considerazioni finora fatte si può quindi verosimilmente affermare
che l'origine della pantomima sia da attribuirsi a S. Stefano Medio.
Delle gesta del ciclo normanno s'impossessò la cultura popolare rappresentata
dai cantastorie, dal Teatro dei pupi e dai mastri carradori, che riportarono
sui "masciddari" (le sponde) dei carretti le battaglie dei cavalieri
normanni guidati da Ruggero contro i saraceni. Si deve principalmente al patrimonio
orale dei cantastorie la possibilità, per noi moderni, di conservare
traccia e custodire la memoria in vari modi (canti popolari, favole, leggende,
pantomime etc.).
U camiddu e l'omu sabbaggiu è per l'appunto una pantomima (ossia uno
spettacolo senza parole, solo gestuale) che vuol significare, con lo scontro
tra Ruggero e il saraceno appiedato, il trionfo della fede cristiana sul potere
dell'arabo infedele. Al trionfo di Ruggero, entrato in Messina, a dorso di
cammello, assistettero, dice la leggenda, i giganti Mata e Grifone, dominatori
della città.
Il popolo messinese e la gente dei villaggi vicini, testimoni della vittoria
di Ruggero, attribuirono all'impresa un carattere divino. L'intervento soprannaturale
della Madonna determinò per l'appunto il trionfo della cristianità
sugli infedeli; di ciò ne sono testimonianza diretta le costruzioni
religiose fatte edificare da Ruggero in tutta l'Isola, una per tutte la chiesa
di S. Maria di Mili. Man mano che la conquista della Sicilia procedeva, le
gesta di Ruggero venivano celebrate dal popolo e, nel ricordo della gente
dei secoli futuri, il saraceno (omu sabbaggiu) veniva rappresentato come un
guerriero fantoccio colpito dalle lunghe lance dei cavalieri normanni.
Il "Palio dei normanni" che si svolge ogni anno a Piazza Armerina
(in provincia di Enna) testimonia per l'appunto la valentia dei cavalieri
normanni in lotta con i saraceni.
U camiddu e
le sue varianti nelle altre contrade dell'area dello Stretto
Nelle contrade del messinese, ma soprattutto nei villaggi della costa ionica
tra Messina e Taormina (recenti ricerche dimostrano l'esistenza di simili
tradizioni sulla riviera ionica e tirrenica calabrese) nel corso dei secoli
l'impresa di Ruggero è stata trasfigurata in forma di "pantomima"
nella quale si sono fusi i due elementi della leggenda: quello del cammello
dominato dal Conte Ruggero e quello dell'omu sabbaggiu (guerriero saraceno),
sconfitto sul campo dal cavaliere normanno.
È diventata frequente, negli ultimi lustri, una rappresentazione del
"camiddu e l'omu sabbaggiu" fatta dall'accoppiata maestro pirotecnico
e animatori al seguito.
Il motivo musicale che accompagna "U camiddu"
Il camiddu, in Sicilia, si "balla"
a ritmo di saltarello.
Il saltarello indica una danza rapida in tempo di 6/8 o 3/4, che ebbe tale
nome nel XVI secolo. Nei tempi moderni è danza tipica della campagna
romana e della Ciociaria in particolare.
In Calabria, invece, il motivo che accompagna la ballata della CAMEIUZZA é
la tarantella, suonata con tamburi, grancassa e piatti. Spesso il ritmo musicale
é lo stesso che accompagna il ballo dei GIGANTI, MATA e GRIFONE...
Conclusioni
Sebbene l'origine della CAMEIUZZA sia siciliana, questa tradizione ha avuto
larga eco anche in Calabria.
La leggenda del "Camiddu e l'omu sabbaggiu" diventa, in Calabria,
semplicemente, la leggenda della "Cameiuzza".
Il ritmo con cui é ballata in Calabria (la tarantella, decisamente
più vivace del "Saltarello") e lo spettacolo pirotecnico
che ne segue (e che é stato introdotto nel Novecento) assicurano un
forte impatto emotivo con il pubblico locale e, soprattutto con quello estivo.
Spesso l'ignoranza sul'origine di questa tradizione ha portato a vere e proprie
forme di degenerazione dello spettacolo della Cameiuzza (e spesso, anche di
quello dei GIGANTI). Non é raro, assistere a tipi di danza della stessa,
caratterizzata dallo scherno e dal ridicolo. In realtà, il ballo in
questione, é ballo di lotta, di conquista e di morte...