1950: tamburelli a Zambrone

Il tintinnio, le vibrazioni, l'articolarsi e il diffondersi del suono mettevano il fuoco addosso ai ragazzi, il solo sentirlo era il segnale della festa, del divertimento pronto li ad aspettarci, una specie di segnale di richiamo, sentito in tutti i vicoli del paese, e quando la direzione del vento lo consentiva, scendeva verso i pianori di Madama o le colline di Piscopo e, come per incanto, le strade si riempivano di ragazzi cenciosi, scalzi, spettinati che si univano ai pochissimi che invece portavano ai piedi un paio di vecchi sandali, pantaloncini corti e i capelli pettinati con la riga da una parte. Tutti uniti e tutti insieme, senza differenze di classe e di ceto, tutti trascinati da quelle note semplici e insistenti, ritmate dai gruppi in fila dietro ai suonatori con unisoni battiti sul selciato e sulle pozzanghere che ci schizzavano sulle gambe e in faccia. E tutti con lo stesso pensiero:speriamo che non finisca presto, speriamo che duri tutta la serata, speriamo di non dover tornare a casa tra poco. Qualche volta il ritmo cambiava, diventava più incanlzante, accelerava vistosamente e molti di noi faticavano a seguirlo e si calpestavano i piedi ridendo mentre i suonatori imperterriti, come presi da una missione sacra da cui nulla al mondo avrebbe potuto distrarli, non ci degnavano neppure di un'occhiata. Pochi minuti...un'eternità in cui si fondevano ritmo, musicalità, amicizia, affetti destinati a durare nel tempo e in cui povertà, miseria e fame erano annullati da una gioia grande e inspiegabile contornata dal rincorrersi di nomi semplici, usuali, ripetivi Micucciu, Ntoni, Cicciu, Carucciu, Turi, Peppinu...e dalla finta e sorridente indifferenza degli anziani seduti sulle panche dure di legno di fronte alla bettola a sorseggiare un quartino di quello buono tra un tresette e l'altro. Ma non erano pochi minuti se non nell'orologio della realtà, che nessuno di noi possedeva, erano dei veri e propri stacchi, delle fuoriuscite dal tempo e dal reale al quale, con un senso di delusione improvvisa, tornacvamo quando l'ultimo cambio di ritmo, improvvisamente più rapido e coinvolgente ci anticipava l'interruzione imminente per il riposo dei suonatori...tra un'esibizione e l'altra, lungo strade che non ci sono più, in un tempo che è rimasto dentro di noi.

Salvatore L'Andolina - Presidente onorario Centro studi Umanistici e Scientifici ARAMONI